La storia di Carlo
Mi chiamo Lucia, e sono la mamma di Carlo,
Carlo ha quasi 13 anni, è il più piccolo dei miei quattro figli: dopo due femmine e un maschio, è arrivato lui, con quegli occhi grandi e curiosi. Sembrava sano, pieno di vita, come tutti gli altri neonati. Ma già nei primi mesi ho iniziato a sentire che qualcosa non tornava. Non mangiava bene, sembrava sempre stanco, non rispondeva ai nostri stimoli come facevano i suoi fratelli alla stessa età.
A dieci mesi ha avuto un blocco respiratorio improvviso. Una mattina ha smesso di respirare ,Non dimenticherò mai quel momento,le sirene dell’ambulanza, la corsa in ospedale, la terapia intensiva , si è ripreso, forse era solo un episodio isolato. Ma dentro di me sapevo che non era così.
Nei mesi successivi sono cominciate le crisi epilettiche. A volte brevissime, come delle “assenze”, altre volte più forti, più violente. Carlo si irrigidiva, tremava, poi cadeva in uno stato di profonda spossatezza. Intanto vedevamo che cominciava a perdere le abilità che aveva acquisito: prima camminava, poi ha smesso; diceva qualche parola, poi il silenzio. La regressione era lenta ma inesorabile. E noi lì, a cercare risposte che nessuno sapeva darci.
Abbiamo girato ospedali, neurologi, centri specializzati. Ogni volta una speranza, ogni volta una delusione. Fino a quando, a cinque anni, è arrivata finalmente la diagnosi: Sindrome da deficit di Glut1, una malattia rara che impedisce al cervello di ricevere abbastanza energia perché manca un trasportatore fondamentale del glucosio,
con la diagnosi è arrivata anche una nuova strada: la dieta chetogenica. Un’alimentazione rigidissima, a base di grassi, con pochissimi carboidrati, che aiuta il cervello a “nutrirsi” in modo alternativo. Non è una dieta facile, soprattutto per un bambino: niente pane, pasta, gelato, pizza. Ogni grammo è pesato, ogni pasto è una sfida. Ma Carlo è stato più forte di tutto questo. Anche se a volte fa i capricci, come è giusto alla sua età, sa che quella dieta lo aiuta a vivere meglio.
I problemi, però, non si sono fermati. Carlo ha movimenti involontari, una distonia che a volte gli fa tremare le braccia o lo fa cadere. Ha difficoltà a deglutire — anche se con tanta logopedia è migliorando — e fatica a parlare. A volte mi guarda con quegli occhi che sembrano voler dire mille cose, ma il suo corpo non riesce a seguirlo. E questo, da mamma, fa male. Tanto.
Ha anche episodi che i medici chiamano “stroke-like”: momenti in cui è come se il suo cervello si spegnesse per un attimo, lasciandolo stanco, confuso, distante. Non possiamo mai abbassare la guardia.
Carlo ha perso molta della sua autonomia. Rispetto ai suoi coetanei, ogni gesto quotidiano è più faticoso: allacciarsi una scarpa, tenere in mano una matita, bere senza aiuto. Eppure non si arrende. Anche quando è frustrato, anche quando cade, si rialza con quella tenacia che solo chi combatte ogni giorno conosce davvero.
La nostra forza è anche l’associazione di famiglie che abbiamo trovato lungo il cammino. Non ci sentiamo più soli. Loro ci capiscono davvero, ci supportano, ci aiutano a non sentirci invisibili. Condividiamo informazioni, paure, conquiste. E soprattutto, speranza. Speranza che la ricerca vada avanti. Che un giorno si trovi una cura.
Nel frattempo, noi viviamo. Un giorno alla volta, cercando la felicità nei gesti piccoli: un sorriso di Carlo, una parola nuova, un pasto finito senza fatica. Perché anche se il cammino è duro, Carlo è il nostro eroe, e ci insegna ogni giorno cosa significa amare senza condizioni.
Maggio 2025