Sara è nata con il cesareo d’urgenza a 41 settimane:  ha pianto subito ed aveva un bel colorito roseo. Non ha mai ciondolato con la testa: già il giorno dopo era molto reattiva ed aveva lo sguardo presente.

A qualche mese, avevo notato che una bambina della sua stessa età afferrava i giochini con molta sicurezza mentre Sara si avvicinava oscillando la mano come per aggiustare il tiro, ma non avevo dato importanza alla cosa.

Solo ad un anno e mezzo il pediatra ha cominciato a dire che forse era il caso di fare dei controlli perché camminava solo se la tenevi per mano o appoggiandosi ai mobili ed alle pareti.

Ai controlli, ci dissero che Sara aveva solo i legamenti lassi e che presto avrebbe camminato da sola… ma non accadde e a due anni  ci dissero di fare una risonanza. Da piccola non aveva mai voluto gattonare e preferiva che la reggessimo in piedi e questo credo perché aveva problemi di equilibrio ed era difficile per lei rimanere a quattro zampe senza “cappottarsi”. Da seduta aveva invece una postura bene eretta.

A due anni e due mesi finalmente un giorno che era seduta in mezzo ad un grande terrazzo si alzò in piedi e cominciò a fare i primi passi in autonomia. La risonanza fatta il mese dopo non mostrò anomalie di rilievo.
All’ospedale dove eravamo seguiti continuavano a dirci che si trattava sicuramente di qualcosa di genetico, ma nonostante le nostre richieste non ci fecero mai fare esami genetici.
A due anni Sara cominciò a fare fisioterapia e poco dopo ci rendemmo conto che a volte aveva la testa che le cadeva per una frazione di secondo, come per un colpo di sonno: un’assenza epilettica. Ci fecero fare il primo elettroencefalogramma che confermo’ queste assenze e ricoverarono Sara per controlli. I controlli risultarono tutti negativi…  ancora una volta nessun controllo genetico.
Intanto Sara cresceva bene: era una bambina attiva, molto curiosa e socievole, ma con problemi di equilibrio e motricità fine che con la fisioterapia andavano lentamente migliorando.
Avevamo ormai preso coscienza delle sue assenze che avvenivano però, tranne rari casi, solo al risveglio e sembravano non disturbarla troppo.
Per questo motivo convinsi i medici a non darle farmaci antiepilettici: avevo paura che la mia bambina perdesse la sua vivacità.
Il primo anno di scuola materna, andavo a prenderla dopo pranzo e Sara mostrava segni di stanchezza, che poi in breve sparivano. Col passare del tempo, anche questa stanchezza sparì.
Cominciammo a trattare farmacologicamente le assenze alla fine della scuola materna sperando di risolvere il problema in poco tempo;  invece cominciammo un calvario di cambiamenti di farmaci che non funzionavano sulle assenze, ma avevano effetti molto diversi su Sara: uno la faceva dormire a scuola, un altro le provocava molta stanchezza all’uscita da scuola, con un altro cadeva improvvisamente, ecc. Le assenze ora avvenivano in altri orari della giornata e ci creavano molta apprensione.
Il medico che mi convinse a trattare le assenze, persona molto simpatica e disponibile, pur essendo convinto che non si trattasse di un fatto genetico, le fece fare un test proprio sul cromosoma del glut1, dicendo che era l’unico che in assenza di ritardo mentale poteva spiegare le assenze insorte così presto. Il risultato del test però fu negativo e pur continuando a cercare, i risultati erano sempre negativi. Eravamo in un vicolo cieco.

Nel 2016 un dottore di Singapore (mia cognata è di Singapore) ci consigliò per la prima volta la dieta chetogenica come terapia per l’epilessia farmaco resistente. Ma i medici di Sara ci sconsigliarono la dieta. Nel frattempo rifacemmo i prelievi per indagini genetiche che questa volta andarono in un laboratorio diverso.
Intanto la nostra vita andava avanti: Sara nei primi anni delle elementari, nonostante un’iniziale difficoltà nella lettura (leggeva sillabando), i problemi nello scrivere dovuti alla sua motricità fine e i problemi con la matematica, riusciva a tenere il passo con la classe. Poi con le richieste sempre più complesse dei programmi e  i problemi con gli insegnanti di sostegno, il divario con i coetanei crebbe. Dal punto di vista dell’inserimento con la classe, invece, non c’erano problemi perché caratterialmente Sara era molto socievole ed è sempre riuscita a farsi volere bene.
Si stava avvicinando l’adolescenza e gli ormoni le provocavano momenti di sconforto e ribellione.
Con l’entrata alle scuole medie, la cosa migliorò:  il cambiamento la stimolava, forse sentiva che poteva rimettersi in gioco.
A gennaio 2018, ci chiamarono finalmente dall’ospedale dicendo che i test genetici avevano dato dei risultati: c’era una diagnosi e una possibile terapia. Sara aveva il deficit di glut1.

Ci sembrò che il mondo ci crollasse addosso perché i problemi genetici fanno sempre molta paura perché sai che non puoi eliminarli e non sai che cosa aspettarti dalla loro evoluzione.
Il papà di Sara ed io andammo a parlare con i medici, che fecero fare il test genetico anche a noi con risultato negativo. Ci dissero che si trattava di un problema con il trasportatore del glucosio al cervello e che c’era una terapia, non farmacologica, ma una dieta, la dieta chetogenica che dava buoni risultati, ma era molto rigida, non proprio salutare e piuttosto difficile da seguire.
Sara mi chiese spiegazioni sul perché avrebbe dovuto fare questa dieta e io le dissi che era come se lei fosse un diesel e continuasse a mettere benzina nel motore.
Le chiesi se secondo lei valesse la pena di tentare e lei rispose di sì.

Iniziammo così questo cammino con molta apprensione ed un po’ di frustrazione. Sara è stata da subito molto brava e anche quando le si presentava qualche improvvisa occasione di “tentazione”, diceva che non poteva mangiare quelle cose perché stava facendo una dieta speciale.
Ci volle un po’ prima che arrivassimo ai giusti valori di chetonemia, ma appena raggiunti, le assenze sparirono; Sara inoltre non si stancava più ed era molto più presente.
Intanto una nostra amica, mi diede il numero dell’Associazione italiana Glut1 e di Alessandra ed entrai un po’ timorosa nel gruppo di WhatsApp di mamme con figli con deficit di glut1. Cominciai anche a prendere confidenza con l’app sviluppata dall’associazione per la preparazione dei pasti: Ketonet.
Mi si è aperto un mondo: ormai non saprei più come fare senza lo scambio di informazioni con il gruppo whatsapp e Ketonet per me è diventata di vitale importanza. Ho scoperto di poter calcolare tramite quest’app praticamente tutto: ci  ha permesso di recuperare la vita sociale, tanto importante per Sara, sia dal punto di vista caratteriale che per l’età che sta attraversando. Mi permette di evitarle tante delle frustrazioni che inevitabilmente avrebbe con questa dieta. Confesso che per me è un lavoro estenuante, ma sono molto contenta perché sono convinta che con l’aiuto di Ketonet e di alcuni alimenti speciali si possa preparare praticamente qualsiasi cosa… modificando la ricetta.
Ora Sara ha terminato la seconda media con buoni voti: la matematica continua ad essere la nostra spina nel fianco, ma nelle altre materie, con interrogazioni programmate e test appositi, e’ al passo con gli altri.
L’insegnante di sostegno che l’aveva seguita anche l’anno scorso dice che quest’anno ci sono stati dei picchi di prestazioni.
Non abbiamo più visto assenze ed abbiamo cominciato a ridurre i farmaci.
Anche gli esami di controllo per il momento sono ok e gli elettroencefalogrammi finalmente puliti.
Insomma dall’iniziale paura, siamo passati ad una moderata speranza di migliorare le condizioni di vita di Sara e nutriamo sempre il sogno che un giorno, che speriamo sia presto, la scienza e la tecnologia riesca a risolvere definitivamente il problema del deficit di  glut1 e a farci vivere finalmente una vita “normale”.
Certo… certe volte mi chiedo come sarebbe stata la vita di Sara -e di riflesso la nostra-  se la diagnosi  fosse venuta fuori da quel primo test e chissà per quale caso risultato negativo o se avessimo cominciato la dieta nel 2016 quando ci fu consigliata per la prima volta…

GIUGNO 2020